Un episodio di rabbia dettato dallo stress sul lavoro non può giustificare un licenziamento se non ci sono aggressioni fisiche o danni ai beni aziendali. La Corte di Cassazione ha chiarito che in questi casi il recesso disciplinare è illegittimo, e il lavoratore ha quindi diritto a essere reintegrato.
Nessuna violenza: il licenziamento è illegittimo
Il caso riguarda un dipendente di un’azienda di imballaggi di materie plastiche che, esasperato da tensioni in reparto, in un momento di rabbia ha sbattuto i flaconi di plastica a calci e ha pronunciato parole volgari. Un unico gesto, sì poco inappropriato, ma isolato e privo di violenza o aggressione nei confronti di colleghi. I quali, infatti, hanno detto, non si sono sentiti minacciati.
Inizialmente licenziato dalla società, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello: l’assenza di danni reali e di aggressione fisica rende sproporzionato il licenziamento per giusta causa. Da preferire, piuttosto, una sanzione conservativa.
Stress lavorativo e reazione: quando scatta la tutela
La vicenda rientra in un quadro ben più ampio: lo stress da sovraccarico o da ambiente lavorativo può condurre a gesti impulsivi che non minano il rapporto fiduciario con l’azienda. In passato la Cassazione ha già chiarito che condizioni stressogene non giustificano automaticamente un licenziamento, e che il datore ha il dovere di prevenire tali situazioni.
La linea rossa tracciata dalla giurisprudenza è chiara: se non c’è nessun danno materiale ai beni aziendali né aggressione fisica ai colleghi o ai superiori, un gesto d’ira, seppur inappropriato, non può costituire giustificazione sufficiente per un licenziamento.
Un caso emblematico per i lavoratori metalmeccanici
Anche nel settore metalmeccanico, caratterizzato da ritmi intensi e stress elevato, la sentenza rappresenta una protezione: un gesto isolato, ad esempio la rabbia per ritardi in produzione o condizioni precarie, non può legittimare un licenziamento immediato se non produce danni materiali o mette a rischio la sicurezza degli altri operai.
Qualora venisse licenziato, il lavoratore può dunque opporsi e rivolgersi ai sindacati o a un legale per chiedere il reintegro o un risarcimento.