martedì, Giugno 24, 2025

Pensione con 10 Anni di Contributi: Cosa Cosa Devono Sapere i Metalmeccanici

Molti lavoratori si chiedono se basti aver lavorato per 10 anni per avere diritto alla pensione. La risposta non è semplice, perché dipende da quando sono stati versati i contributi e dalla situazione personale del lavoratore.

Va chiarito subito che le regole di cui parliamo valgono per tutti, non solo per i metalmeccanici o per chi lavora nell’installazione di impianti. Sono norme di carattere generale, valide per ogni categoria.

In via ordinaria, per ottenere la pensione di vecchiaia servono almeno 20 anni di contributi e un’età minima di 67 anni. Tuttavia, chi ha lavorato per un tempo più breve e ha versato i contributi esclusivamente dopo il 1° gennaio 1996, rientra nel sistema cosiddetto contributivo puro.

Questi lavoratori possono accedere alla pensione di vecchiaia contributiva con almeno 5 anni di contributi, ma solo a condizione di aver compiuto 71 anni.

Quindi, se hai versato 10 anni di contributi dopo il 1996, potrai andare in pensione a 71 anni. In caso contrario, se i contributi includono anche anni precedenti al 1996, questa opzione non è disponibile.

Pensione con 5 anni di contributi

C’è poi una possibilità legata allo stato di salute: in presenza di invalidità o di una ridotta capacità lavorativa, è possibile accedere ad alcune prestazioni anche prima dei 67 anni. In particolare, si può richiedere l’assegno ordinario di invalidità, se la capacità lavorativa è ridotta di almeno un terzo, o la pensione di inabilità nei casi più gravi.

In entrambe le situazioni, però, servono almeno 5 anni di contributi, di cui 3 versati negli ultimi 5.

A quanto ammonta la pensione con 10 anni di contributi

Se si riesce a ottenere la pensione con 10 anni di contributi, è importante sapere che l’importo dell’assegno sarà quasi sempre piuttosto basso. Questo perché viene calcolato con il sistema contributivo, che lega direttamente l’importo della pensione ai contributi effettivamente versati e all’età in cui si va in pensione.

In pratica, ogni anno in cui si lavora si versano contributi pari al 33% dello stipendio lordo. Tutti i contributi versati vengono sommati e rivalutati nel tempo. Quando si va in pensione, il totale dei contributi (chiamato montante) viene trasformato in pensione attraverso un coefficiente che aumenta con l’età.

Vediamo con un esempio.

Chi ha avuto uno stipendio medio di 25.000 euro lordi all’anno e ha lavorato per 10 anni, accumula circa 82.500 euro di contributi. Con questo montante, se si va in pensione a 71 anni, si può ottenere un assegno annuo lordo di poco più di 5.300 euro, che equivale a circa 410 euro al mese.

Se invece lo stipendio era più alto, ad esempio 40.000 euro all’anno, l’assegno mensile potrà arrivare a circa 650 o 700 euro. In ogni caso, si tratta di importi inferiori al trattamento minimo previsto dalla legge, e non è possibile ricevere integrazioni, perché i contributivi puri non hanno diritto al minimo garantito.

Un aspetto positivo è che, se l’importo annuo della pensione resta sotto la soglia degli 8.500 euro, non si pagano imposte: l’assegno è esente da tasse.

E se i contributi non bastano per la pensione?

Succede spesso che un lavoratore abbia versato qualche anno di contributi ma non riesca a raggiungere i 10 anni richiesti per la pensione contributiva, o peggio, nemmeno i 5 anni minimi previsti dalla legge. In questi casi, purtroppo, i contributi restano “silenti”, cioè non danno diritto ad alcuna rendita.

È un rischio reale per chi ha avuto carriere brevi, contratti precari o ha lasciato il lavoro per motivi familiari o di salute. Chi non raggiunge nemmeno il minimo richiesto, non ha alcun diritto previdenziale.

L’unica possibilità in questi casi è cercare di cumulare i contributi con quelli di altre gestioni INPS, ad esempio se si è svolto anche un lavoro autonomo o parasubordinato. Oppure, si può riprendere l’attività lavorativa e proseguire i versamenti per raggiungere i requisiti.

Quando entra in gioco l’Assegno sociale

Chi non ha diritto ad alcuna pensione e si trova in condizioni economiche difficili, può fare domanda per l’Assegno sociale, una prestazione assistenziale riservata a chi ha compiuto 67 anni e ha un reddito basso o inesistente.

A differenza della pensione, l’Assegno sociale non richiede alcun contributo versato. Serve solo dimostrare una situazione di bisogno economico. L’importo base nel 2025 è di 538,68 euro al mese per 13 mensilità. Ma per chi ha almeno 70 anni e nessun reddito, può salire fino a 739,83 euro al mese.

In molti casi, questa misura risulta più vantaggiosa della pensione contributiva ottenuta con 10 anni di lavoro e stipendi bassi. È un paradosso del sistema: chi ha lavorato per pochi anni può ricevere meno di chi non ha mai lavorato, ma si trova in povertà.

Per questo motivo, chi ha avuto una carriera discontinua dovrebbe sempre verificare se è più conveniente accedere all’Assegno sociale, piuttosto che inseguire una pensione di importo simbolico.

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