Un’importante vittoria per i diritti sindacali: la Corte d’Appello di Milano ha confermato il reintegro e il risarcimento di un delegato sindacale licenziato ingiustamente. Il caso riguarda un lavoratore di una multinazionale con sede a Besnate, regolarmente eletto nella RSU (Rappresentanza Sindacale Unitaria).
Durante una trattativa, il delegato è stato accusato di aver usato termini offensivi nei confronti dell’azienda. Pur avendo chiarito il malinteso, l’azienda ha avviato una procedura disciplinare immediata, culminata nel licenziamento.
Grazie all’intervento dell’Ufficio Vertenze della Uilm di Varese, il lavoratore ha impugnato il provvedimento e il Tribunale del Lavoro, con sentenza 685/24, ha stabilito il suo reintegro e il risarcimento delle mensilità perse.
La Corte d’Appello rigetta il ricorso aziendale
L’azienda ha presentato ricorso alla Corte d’Appello di Milano, contestando la decisione del Tribunale. Tuttavia, il 27 febbraio 2025, la Corte ha confermato la sentenza di primo grado, ordinando nuovamente il reintegro e condannando l’azienda al pagamento delle spese legali e procedurali.
«Siamo soddisfatti dell’esito della vertenza e della rapidità della giustizia – ha dichiarato Angelo Re, segretario Uilm –. Il reintegro del lavoratore è una vittoria per tutti, perché rappresenta una tutela fondamentale dell’attività sindacale».
Cosa dice la legge sul licenziamento di un rappresentante sindacale?
Lo Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970) tutela i sindacalisti da licenziamenti arbitrari. L’articolo 18 prevede che, in caso di licenziamento illegittimo di un rappresentante sindacale, il giudice possa disporre il reintegro sul posto di lavoro e il risarcimento del danno.
Questa sentenza conferma che l’attività sindacale è un diritto e che il licenziamento di un rappresentante per motivi pretestuosi non è consentito dalla legge.
Lo Statuto dei Lavoratori stabilisce anche che, se il datore di lavoro non esegue la sentenza prevista – qualora questa non sia stata impugnata o sia stata confermata dal giudice che l’ha emessa – è tenuto a versare, per ogni giorno di ritardo, un importo equivalente alla retribuzione spettante al lavoratore, a favore del Fondo adeguamento pensioni.