La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente sorpreso a usare il mezzo aziendale per scopi personali durante l’orario di lavoro.
Il lavoratore, infatti, aveva creato una “situazione di apparenza lavorativa”, timbrando il badge ma assentandosi dal posto di lavoro.
La sentenza ribadisce che i controlli aziendali, anche tramite agenzie investigative, sono leciti se finalizzati a scoprire condotte fraudolente.
La frode scoperta: badge timbrato ma assenze ingiustificate
Il dipendente aveva utilizzato il mezzo aziendale per fini extra-lavorativi, violando le regole aziendali. Nonostante avesse timbrato il badge, era assente dal luogo di lavoro, creando un falso attestato di presenza.
La Cassazione ha sottolineato che il controllo non riguardava le modalità di lavoro, ma la frode stessa. Questo comportamento ha giustificato il licenziamento per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c. (senza obbligo di preavviso).
Licenziamento proporzionato: violazione dei doveri di lealtà
La Suprema Corte ha ritenuto proporzionata la sanzione del licenziamento, considerando la gravità della condotta fraudolenta. Il lavoratore aveva violato i doveri di lealtà e correttezza, minando il rapporto fiduciario con il datore di lavoro. La sentenza ha respinto il ricorso del dipendente, confermando che il licenziamento era giustificato.
Contratti collettivi e giusta causa: la valutazione del giudice
Il lavoratore aveva contestato l’applicazione del licenziamento anziché una sanzione conservativa, come previsto dal CCNL (in questo caso il CCNL Chimica Industria). Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che l’elencazione delle ipotesi di giusta causa nei contratti collettivi è esemplificativa. Spetta al giudice valutare se un comportamento grave, come quello del dipendente, giustifichi il licenziamento.