Il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici si conferma un’impresa difficile anche in questa tornata contrattuale. Dopo quattro mesi di trattative, il confronto tra sindacati e imprese è bloccato dallo scorso novembre. Il motivo principale è la distanza siderale tra le richieste sindacali e le offerte delle aziende, soprattutto sui temi che interessano la parte economica: il salario su tutti.
Nel frattempo, la tensione sale: i lavoratori hanno già effettuato due tornate di scioperi (tra dicembre e febbraio) e il 28 marzo è prevista un’astensione dal lavoro di otto ore in tutta Italia. Un braccio di ferro che sta penalizzando sia i dipendenti, con la perdita di giornate di salario, sia le aziende, con la riduzione della produzione.
Il nodo salariale e il potere d’acquisto
Il punto più critico è l’aumento dei minimi retributivi. I sindacati chiedono un incremento significativo e certo, che consenta ai metalmeccanici di sapere quale sarà l’incremento retributivo di ogni anno (a giugno). Salvo variazioni in base all’IPCA. La richiesta è motivata da due fattori:
- I salari italiani sono tra i più bassi nei paesi industrializzati.
- L’inflazione ha ridotto drasticamente il potere d’acquisto e rischia di ridurla nel breve futuro a causa delle crisi internazionali in atto (Stati Uniti, Russia, Ucraina, Medio Oriente).
Il meccanismo di calcolo adottato in passato ha permesso ai lavoratori di recuperare parte delle perdite inflazionistiche, ma non abbastanza per garantire un reddito dignitoso. I sindacati insistono: aumentare i salari significa rafforzare la domanda interna, uno dei punti deboli dell’economia italiana. Chiedono quindi 280 euro al livello C3 fino a giugno 2027. Con verifiche annuali in base all’IPCA. Con possibili scostamenti.
A questa richiesta si aggiunge quella della riduzione dell’orario di lavoro, che potrebbe migliorare l’occupazione e stimolare la crescita economica.
Le aziende hanno una visione diversa
La risposta delle imprese è negativa. Il settore metalmeccanico sta attraversando una crisi significativa. Federmeccanie e Assistal puntano ad un rinnovo che sia diverso rispetto al passato. Vogliono evitare che le aziende si facciano carico di eccessivi sbilanciamenti salariali per via delle oscillazioni, anche imprevedibili, dell’IPCA. Nel triennio precedente si è arrivato ad un incremento reale di 310 euro. Mettendo in crisi i budget delle imprese.
E poi ci sono i fattori macroeconomici che non aiutano:
- Nel 2024 la produzione è calata del 4,2% rispetto all’anno precedente.
- In Europa, il calo è stato ancora più marcato: -5,6%. Settori come Automotive e Componentistica, Macchinari, Siderurgia, Elettrodomestico, sono fortemente in crisi. Addirittua il Governo sta puntando ad accompagnare la riconversione di aziende di settori come Automotive e Componentistica verso produzioni funzionali ai settori Difesa e Aerospazio, con incentivia ad hoc.
- Le esportazioni italiane stanno reggendo solo perché le importazioni sono crollate, ma a breve la politica dei dazi voluti dal neo presidente degli Stati Uniti Donald Trump farà settire i suoi effetti sui principali settori metalmeccanici, come quello della produzione di macchinari.
A complicare la situazione ci sono anche instabilità geopolitiche, dazi e guerre in corso, che rendono difficile ipotizzare una ripresa a breve termine. Per questo, Federmeccanica ha risposto alle richieste sindacali con un’offerta ben al di sotto delle aspettative.
Relazioni industriali solide, ma serve un accordo
Nonostante il blocco della trattativa, nel settore le relazioni industriali sono buone. Negli ultimi anni sono stati fatti progressi, soprattuto per quanto riguarda le politiche di welfare, attraverso Metasalute, Fondo Cometa e il Welfare contrattuale
Sia i sindacati che Federmeccanica vogliono il rinnovo del contratto. Ma serve una ripresa del negoziato del dialogo per evitare ulteriori tensioni.