In un’intervista al Corriere della Sera Federico Visentin, presidente di Federmeccanica, ha espresso perplessità riguardo alla proposta del Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) di riconvertire le fabbriche automobilistiche in crisi verso la produzione per la difesa.
Secondo Visentin, tali trasformazioni radicali non possono essere improvvisate, poiché i grandi player come Leonardo e Fincantieri dispongono già di proprie catene di fornitura. Inoltre, investire nel riarmo non genererebbe un circolo virtuoso né stimolerebbe la ricerca e lo sviluppo.
Sindacati e Federmeccanica: una posizione comune
Questa posizione trova eco tra i sindacati. Michele De Palma, Segretario Generale Fiom Cgil, durante l’assemblea unitaria per il rinnovo del CCNL tenuta a Vicenza il 21 marzo, ha manifestato contrarietà alla conversione delle fabbriche per il riarmo, soprattutto se finanziata in deficit. De Palma ha sottolineato che tali misure potrebbero non portare benefici duraturi all’industria e ai lavoratori. Semmai, ha chiosato il leader sindacale, l’aumento della spesa pubblica deve andare a sostegno dei lavoratori.
Critiche alla proposta del Mimit
La proposta del Mimit, che prevedeva anche incentivi, di riconvertire le aziende automobilistiche in crisi verso la produzione per la difesa ha suscitato dibattiti. Critici sostengono che una tale transizione richiederebbe tempi lunghi e investimenti significativi, senza garantire risultati positivi per l’occupazione e l’innovazione. Soprattuto nel breve periodo.
In sintesi, sia Federmeccanica che i sindacati esprimono scetticismo riguardo alla conversione delle fabbriche automobilistiche in impianti per la difesa, evidenziando la complessità e le possibili implicazioni negative di tale operazione.