Un lavoratore è stato sorpreso a utilizzare i permessi ex Legge 104/1992 non per assistere il familiare disabile, ma per svolgere attività personali. A stabilire la legittimità del suo licenziamento per giusta causa è il Tribunale di Benevento, con una sentenza del 24 marzo 2025 che ribadisce un principio già affermato dalla Cassazione.
Indagini private per scoprire l’abuso
Il dipendente, che conviveva con la suocera disabile, aveva richiesto due giornate di permesso ai sensi della legge 104. Tuttavia, il datore di lavoro ha incaricato un’agenzia investigativa di monitorare i suoi movimenti.
I risultati hanno parlato chiaro: l’uomo veniva visto alla guida di un furgone, mentre si recava in diverse abitazioni con attrezzi da lavoro. Nessuna assistenza diretta, ma attività riconducibili a un secondo lavoro.
Le difese del lavoratore
Il dipendente ha impugnato il licenziamento sostenendo che stava comunque svolgendo compiti legati all’assistenza, anche se al di fuori dell’abitazione. Ha inoltre contestato la legittimità degli accertamenti investigativi, parlando di violazione della privacy.
Il Tribunale: abuso dei permessi, giusta causa
Il giudice ha respinto tutte le argomentazioni del lavoratore. Secondo la sentenza, i permessi Legge 104 possono essere utilizzati solo per prestare assistenza diretta al disabile. Non sono giorni liberi da dedicare ad altro, né servono per recuperare energie.
Anche un’assistenza solo formale o minima — ad esempio di pochi minuti — non giustifica l’intera giornata di permesso retribuito. In questo caso, la presenza del lavoratore nell’abitazione della suocera è stata stimata in circa 30 minuti a fronte di un permesso di 4 ore.
Controlli investigativi legittimi
Il Tribunale ha anche chiarito che i controlli investigativi sono leciti, se mirati ad accertare comportamenti potenzialmente penalmente rilevanti. L’agenzia non ha violato la privacy, perché non ha monitorato l’attività lavorativa interna, ma solo il rispetto delle finalità per cui era stato concesso il permesso.
Il ricorso del lavoratore è stato quindi rigettato, confermando che chi abusa dei permessi rischia concretamente il licenziamento per giusta causa.