I lavoratori metalmeccanici stanno subendo un’ulteriore perdita economica dall’inizio del 2025. A denunciarlo è Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil, che spiega come un operaio al livello D2 stia perdendo 37 euro al mese rispetto al 2024, nonostante l’aumento contrattuale di 123 euro (decorrente da giugno 2024).
Il motivo? Il cambio del regime fiscale avvenuto con la legge di bilancio. Come riportato anche nei precedenti articoli di MetalmeccaniciNews.it, dal 1° gennaio 2025 è terminato l’esonero contributivo introdotto tra il 2022 e il 2023, ed è entrato a regime il nuovo sistema di taglio del cuneo fiscale, che però non garantisce più lo stesso beneficio netto in busta paga.
De Palma: “Serve detassare gli aumenti contrattuali”
De Palma chiede al Governo un intervento urgente:
“Con l’andamento della tassazione un lavoratore metalmeccanico, al livello D2, da gennaio 2025 sta perdendo 37 euro al mese rispetto all’annualità precedente. Questo a causa del regime fiscale che è stato modificato in Italia. Noi chiediamo che gli incrementi salariali vengano riconosciuti interamente ai lavoratori, dunque che si detassino gli aumenti contrattuali”.
E’ evidente come il leader Fiom punti il dito contro l’Esecutivo, ‘colpevole’ di non aver fatto abbastanza.
Viene richiesto un intervento di Meloni & C. per favorire la detassazione degli aumenti contrattuali come strumento per sostenere il rinnovo di un contratto scaduto da ormai 9 mesi e far recuperare ai lavoratori quanto fino ad ora perso. Per questo hanno proclamato ulteriori 8 ore di sciopero nel mese di aprile, contro le aziende aderenti a Federmeccanica, Assistal e Unionmeccanica Confapi.
Confronto impedito dagli Industriali
A peggiorare la situazione è lo stallo nelle trattative per il rinnovo dei due CCNL. Come evidenziato in una nota congiunta dai segretari generali De Palma (Fiom), Uliano (Fim) e Palombella (Uilm):
“Federmeccanica e Assistal continuano a impedire la ripartenza della trattativa, confermando una contro-piattaforma che azzera le richieste salariali e normative. È una scelta inaccettabile”.
Secondo i sindacati, il comportamento delle imprese “mina le relazioni industriali” in un momento di forte difficoltà per il settore, aggravato anche dai dazi Usa e dalla transizione ecologica.