Stellantis ha comunicato oggi 500 nuovi esuberi nello stabilimento di Melfi. Un numero enorme, che si aggiunge ai 300 di Pomigliano e ai 50 di Pratola Serra.
Il totale sale così a 850 uscite in poche settimane.
Una cifra che dà la misura della portata del disimpegno del gruppo dagli stabilimenti italiani. La Fiom-Cgil parla apertamente di un processo di dismissione, mascherato da “uscite volontarie”.
Il dato arriva in un momento di totale incertezza. Non è stato ancora nominato un nuovo amministratore delegato e non esiste un piano industriale pubblico per il rilancio dell’automotive nazionale.
Cassa integrazione e linee ferme
Accanto agli esodi incentivati, in diversi stabilimenti Stellantis prosegue la cassa integrazione ordinaria o straordinaria che sta coinvolgendo migliaia di metalmeccanici dell’Automotive.
A Melfi, Pomigliano, Cassino e Mirafiori si alternano settimane di produzione e stop. Turni ridotti, linee accorciate, operai fermi o parzialmente occupati.
La cig non viene ufficialmente dichiarata come preludio a tagli, ma nei fatti prepara il terreno agli esuberi, rendendo l’incentivo all’esodo più accettabile per chi da mesi lavora a singhiozzo.
È il classico schema: prima si blocca la produzione, poi si rende “conveniente” uscire.
Incentivi ricchi, ma il prezzo è la deindustrializzazione
Stellantis ha previsto incentivi molto consistenti, secondo lo schema firmato a Roma nel marzo 2024.
- Chi è vicino alla pensione riceve sei mensilità.
- Chi ci arriva entro 4 anni ottiene per 24 mesi un’integrazione fino al 90% dello stipendio (incluso Naspi), e per i 24 successivi il 70% più i contributi.
- Chi non rientra in queste categorie riceve una liquidazione extra:
- 35-39 anni: 12 mensilità + 20.000 €
- 40-44 anni: 18 mensilità + 20.000 €
- 45-49 anni: 24 mensilità + 30.000 €
- 50-54 anni: 30 mensilità + 30.000 €
- oltre 55 anni: 33 mensilità + 30.000 €
Ma al di là del lato economico non bisogna trascurare che ogni uscita è una perdita di competenze, esperienza e futuro per la filiera italiana.
L’automotive italiano alla deriva
L’Italia, un tempo cuore dell’automobile europea, oggi sta perdendo pezzo dopo pezzo la sua centralità.
I nuovi modelli elettrici vengono assegnati con il contagocce agli stabilimenti italiani. La produzione cala, i fornitori soffrono e l’indotto si restringe.
La cassa integrazione e gli esodi incentivati sono solo la superficie. Sotto c’è una crisi di strategia, alimentata dalla mancanza di investimenti e visione industriale.
La Fiom-Cgil chiede un confronto a Palazzo Chigi con John Elkann per affrontare di petto il problema. Ma finché le decisioni strategiche resteranno in mano a un gruppo che guarda sempre più all’estero, l’Italia rischia di essere solo terra di esuberi.