Nel primo trimestre del 2025, il fenomeno delle pensioni anticipate ha continuato a interessare una larga parte dei lavoratori privati, ma con numeri e dinamiche molto diverse rispetto al settore pubblico. Mentre nella PA quasi una pensione su due è liquidata in forma anticipata, nel settore privato il peso degli anticipi si conferma stabile: 32% sul totale delle nuove pensioni, esattamente come nello stesso periodo del 2024.
Età media in leggero aumento
Nel comparto privato, l’età media alla decorrenza della pensione anticipata è passata da 61,2 a 61,3 anni nei primi tre mesi del 2025. Si tratta di un incremento minimo, ma significativo in un contesto in cui il Governo punta a scoraggiare le uscite troppo anticipate. Ed è solo l’inizio. Vediamo perchè.
Addio a Quota 103?
Quota 103, il meccanismo che consente di andare in pensione con 62 anni di età e 41 di contributi, potrebbe non essere confermato per il 2026. L’Esecutivo sta valutando nuove strade, più sostenibili per la finanza pubblica e meno generose sul piano dei requisiti.
Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ha dichiarato che sarebbe meglio potenziare altre forme di flessibilità in uscita, abbandonando il sistema delle Quote. Il Governo e i partiti di centro-destra, dopo un bagno di realismo, sembran aver abbandonato completamente la visione rappresentata in campagna elettorale in cui proponevano di smantellare la Legge Fornero.
D’altronde indicazioni in tale senso arrivano anche dal Fondo Monetario Internazionale che ha acceso i riflettori sulla questione. Secondo gli ispettori, le pressioni sui conti pubblici italiani potrebbero ridursi proprio limitando i regimi di pensionamento anticipato.
Nuove ipotesi: pensione a 64 anni con 25 di contributi
Una delle opzioni al vaglio riguarda l’uscita anticipata a 64 anni con almeno 25 anni di contributi, già prevista dalla Legge di Bilancio per i lavoratori “contributivi” (assunti dopo il 31 dicembre 1995). La misura, basata sul calcolo interamente contributivo, potrebbe essere estesa anche ad altri lavoratori, valorizzando ancora un volta l’aggancio alla previdenza integrativa.
In sintesi
Nel settore privato, le pensioni anticipate restano una realtà importante ma contenuta. Il governo Meloni sembra intenzionato a modificare rotta dal 2026, puntando su meccanismi più sostenibili. L’autunno sarà decisivo per capire quale sarà il futuro della flessibilità in uscita per i lavoratori privati.
Nel frattempo, si osserva con attenzione anche l’andamento nel pubblico impiego, dove le pensioni anticipate pesano ancora per il 48% sulle nuove uscite, contro il 32% del settore privato.