Nel giorno in cui è stato firmato il rinnovo economico 2025-2026 del Contratto collettivo specifico di lavoro (CcsL) che riguarda 60mila lavoratori di Stellantis, Iveco, Cnh Industrial e Ferrari, si è scritta una nuova pagina nel lungo conflitto tra la Fiom-Cgil e il gruppo automobilistico guidato da Carlos Tavares. L’intesa è stata sottoscritta da Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Uglm e Associazione Quadri, ma non dalla Fiom, che ancora una volta ha rifiutato di ratificare un contratto che – nella sua visione – rappresenta una deviazione grave e ideologica dal modello di contrattazione collettiva nazionale.
A ripercorrere le ragioni della rottura è stato anche il manifesto, che ieri ha ricostruito con dovizia i passaggi della trattativa e il contesto politico-sindacale che accompagna questa vicenda da oltre un decennio.
Un accordo “condivisibile nel merito”, ma inaccettabile nel metodo
Il nuovo contratto prevede:
- un’una tantum di 480 euro (240 a giugno 2025 e 240 ad aprile 2026),
- aumenti della retribuzione base di 139,80 euro, che incideranno su Tfr, straordinari e maggiorazioni,
- premi di risultato adeguati all’incremento salariale (tranne che per Ferrari, che mantiene un sistema autonomo),
- e una quota contrattuale di 35 euro per i non iscritti ai sindacati firmatari.
Eppure, la Fiom non ha firmato. «È stata una scelta gravissima», hanno dichiarato Samuele Lodi (responsabile nazionale Fiom per la mobilità) e Maurizio Oreggia (coordinatore del settore automotive). Pur definendo il contenuto dell’accordo “condivisibile nel merito”, i due sindacalisti hanno sottolineato che Stellantis e le altre aziende «hanno la grave responsabilità di aver chiuso alla possibilità di condividere la ratifica di un verbale di accordo». Per la Fiom si è trattato, ancora una volta, di una “chiusura ideologica al confronto”.
Le radici del conflitto: la rottura del 2011 e il contratto separato
Per capire le ragioni profonde di questo conflitto, è necessario tornare indietro di oltre dieci anni, al momento in cui Fiat – allora guidata da Sergio Marchionne – decise di uscire da Federmeccanica per non essere più vincolata al Contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici (CCNL) e negoziare un contratto aziendale separato, il cosiddetto CcsL.
Quella scelta fu vista dalla Fiom come un attacco al contratto nazionale e all’unità della rappresentanza dei lavoratori. Sin dall’inizio, il sindacato guidato allora da Maurizio Landini non firmò mai nessuna delle versioni successive del contratto specifico Fiat, divenuto poi FCA e infine Stellantis. Secondo la Fiom, l’intero impianto del CcsL crea divisioni tra lavoratori, limita il potere contrattuale e scavalca le regole della rappresentanza sancite dall’accordo interconfederale del 2014.
Come ha scritto il manifesto, “la storia del lungo pregiudizio nei confronti della Fiom Cgil, prima in Fiat oggi in Stellantis, si è arricchita di un nuovo capitolo”. Il giornale evidenzia come la firma separata dell’accordo, senza la Fiom, confermi una volontà di escludere una parte del sindacato che rappresenta ancora una quota importante di lavoratori, nonostante gli anni di marginalizzazione.
Sei mesi di trattative e uno stop improvviso
La trattativa per il rinnovo 2025-2026 è durata sei mesi. In un primo momento, le aziende avevano accolto la piattaforma della Fiom, che aveva chiarito che la presentazione delle proprie proposte non comportava un obbligo contrattuale. Ma qualcosa si è rotto. Secondo la Fiom, il dialogo si è interrotto unilateralmente e, nonostante scioperi e mobilitazioni nei principali stabilimenti, Stellantis, Iveco, Cnh e Ferrari hanno rifiutato un accordo condiviso.
«La firma dell’accordo, avvenuta ieri, è anche il risultato di quegli scioperi – ricordano Lodi e Oreggia – ed è un risultato condivisibile nel merito», ma resta la frattura. La mancata firma non è un semplice incidente di percorso: per la Fiom, rappresenta la conferma che l’azienda rifiuta un sistema di relazioni sindacali democratico e inclusivo.
Il parere opposto dei sindacati firmatari
Fim, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione Quadri vedono invece l’intesa come una conquista. «Con questa intesa – hanno dichiarato – si completa l’accordo dell’8 marzo 2023 a copertura dell’intero quadriennio 2023-2026 e si consegue il totale recupero inflattivo sulla paga base». Le sigle firmatarie parlano di un risultato importante, soprattutto in un momento di grande incertezza per il settore automobilistico.
Il rischio: un sistema che esclude invece di unire
Ma proprio questo è il punto su cui la Fiom insiste da anni. Come evidenzia ancora il manifesto, “il contratto specifico Stellantis rischia di diventare simbolo di esclusione, anziché di inclusione”, lasciando fuori un pezzo importante della rappresentanza sindacale italiana. La divisione tra firmatari e non firmatari non è solo formale: si riflette nella vita quotidiana di fabbrica, nei rapporti di forza, nella possibilità di esercitare un reale controllo sui contenuti del contratto e sulle condizioni di lavoro.
Per questo, i prossimi giorni saranno intensi per la Fiom: sono state già annunciate assemblee in tutti gli stabilimenti, per discutere con i lavoratori e far emergere una narrazione alternativa a quella dei sindacati firmatari.