Lavorando può succedere di svolgere attività fuori sede. Anche nel settore metalmeccanico, tra cantieri, installazioni e manutenzioni. In molti casi, questi spostamenti vengono esclusi dalla retribuzione. In realtà, la Corte di Cassazione dice il contrario: se il viaggio avviene per esigenze aziendali, va considerato orario lavorativo.
Vediamo meglio.
Il tempo di viaggio è lavoro: quando deve essere pagato
Secondo quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16674/2024, se un lavoratore si sposta su disposizione dell’azienda per raggiungere un cliente o punto di raccolta indicato dal datore di lavoro, quel tempo rientra a pieno titolo nell’orario di lavoro.
La regola si applica in modo particolare alle figure che operano in mobilità, come nel caso del settore metalmeccanico: ad esempio chi lavora su impianti, come installatori o elettricisti che possono essere costretti a eseguire manutenzioni esterne.
Clausole di franchigia non valide: contano i tempi effettivi
Alcuni contratti aziendali prevedono clausole che escludono dalla retribuzione una parte del tempo di viaggio (es. “i primi 30 minuti non sono pagati”). Secondo la Cassazione, queste clausole sono nulle, poiché contrastano con i principi di legge.
Non è quindi ammissibile introdurre delle franchigie orarie: il tempo effettivamente impiegato per recarsi da un cliente, in un cantiere, ecc. su indicazione aziendale va sempre retribuito, senza eccezioni arbitrarie.
Il ruolo delle aziende e la corretta gestione degli spostamenti
Alla luce di quanto detto, le aziende che impiegano personale in mobilità devono:
- registrare correttamente il tempo di viaggio;
- retribuire le ore di spostamento in base al contratto collettivo;
- evitare clausole contrattuali in contrasto con la legge.
La gestione del tempo può avvenire anche tramite strumenti come il GPS aziendale, badge elettronici o registri di intervento, purché in modo trasparente e tracciabile.
Pertanto, per il settore metalmeccanico e per tutte le professioni tecniche che prevedono spostamenti regolari, il tempo impiegato negli spostamenti lavorativi non può essere escluso dalla retribuzione. Lo stabilisce la legge, lo conferma la Cassazione, e lo prevede chiaramente il contratto collettivo. Ignorare questa regola può comportare contenziosi e sanzioni per il datore di lavoro.