Intervenendo a Mestre in occasione della mostra “Identitalia”, ha ribadito che il gruppo automobilistico starebbe rispettando gli accordi siglati con il governo e che non avrebbe in programma licenziamenti in Italia. Una narrazione rassicurante, ma che rientra nella solita retorica di Palazzo: quella che preferisce negare i problemi piuttosto che affrontarli.
Nessun licenziamento? In realtà 6.000 lavoratori hanno lasciato l’azienda
Urso sostiene che “Stellantis non licenzia”, ma la realtà è ben diversa. Oltre 6.000 lavoratori metalmeccanici hanno già lasciato il gruppo grazie agli accordi di uscita incentivata, spinti da anni di incertezze e cassa integrazione a rotazione. Una strategia chiara: impoverire i dipendenti con periodi infiniti di sospensione e portarli ad accettare “volontariamente” l’esodo.
Un piano esuberi mascherato da accordo “volontario”
Il piano degli esuberi, presentato come un’operazione basata sul principio della “volontarietà” o della “non opposizione”, prevede una premialità fino a 30.000 euro per chi accetta di uscire. Ma le condizioni cambiano a seconda dell’età e della vicinanza alla pensione.
Per chi è vicino ai requisiti pensionistici, Stellantis ha predisposto un pacchetto specifico: 24 mesi con indennizzo al 90% dell’ultima retribuzione (tra NASpI e integrazione aziendale) e altri 24 mesi al 70%. Un meccanismo che, di fatto, accompagna verso la pensione anticipata centinaia di lavoratori, scaricando su Inps e casse pubbliche parte del costo.
Per i metalmeccanici più giovani, lontani dal pensionamento, il piano è invece differenziato per fasce d’età. Ecco in sintesi il piano:

Un sistema che rende economicamente allettante l’uscita, ma solo perché l’alternativa è restare per anni in cassa integrazione con stipendi decurtati.
Gli stabilimenti coinvolti in tutta Italia
La crisi attraversa l’intera rete industriale. Gli stabilimenti di Mirafiori (TO), Cassino (FR), Pratola Serra (AV), Melfi (PZ), Pomigliano d’Arco (NA), Termoli (CB), Cento (FE) e Verrone (BI) vivono da mesi fasi alterne di fermo produttivo, con interi reparti inattivi e migliaia di addetti sospesi.
Produzioni all’estero e un governo che tace
Mentre gli impianti italiani rallentano, Stellantis continua a delocalizzare in Serbia, Turchia, Polonia e Marocco, dove i costi sono minori e le tutele inesistenti. Intanto in Italia cresce il numero di operai fuoriusciti o in cassa integrazione, mentre Urso elogia l’azienda e parla di accordi “rispettati”. La verità, però, è che Stellantis non licenzia: svuota le fabbriche per logoramento. E il ministro, di fronte a tutto questo, dov’è?


