L’audizione del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, davanti alla Commissione Attività Produttive della Camera ha fatto chiarezza sulla cessione di Iveco Group a Tata Motors, delineando tempi, vincoli e obiettivi dell’operazione. Le rassicurazioni del governo, però, si scontrano con la crescente inquietudine dei sindacati, che denunciano l’assenza di un tavolo di confronto e temono che le garanzie offerte finora non siano sufficienti. Per capire la portata del dossier è necessario ricostruire punto per punto quanto illustrato dal ministro.
L’audizione alla Camera: le garanzie richieste dal governo
Urso ha spiegato che il governo «garantirà, attraverso gli strumenti a sua disposizione, il rispetto dell’interesse nazionale», precisando che l’operazione sarà attentamente vigilata in ogni sua fase.
Il ministro ha riportato due impegni formali assunti da Tata Motors: mantenere la sede principale a Torino e assicurare la piena operatività degli stabilimenti italiani.
Ha inoltre evidenziato che tra Tata e Iveco non esistono sovrapposizioni né produttive né geografiche, un aspetto che riduce il rischio di tagli industriali.
Un passaggio centrale riguarda l’esercizio della Golden Power e lo scorporo del ramo difesa, che sarà ceduto a Leonardo. Urso ha sottolineato che la scelta del gruppo italiano non è casuale: rientra nella strategia del governo di rafforzare il controllo sulle tecnologie sensibili del comparto difesa.
Tempi e condizioni dell’operazione
La chiusura dell’operazione è prevista nel secondo trimestre 2026, dopo lo scorporo e la cessione del ramo difesa e dopo il via libera delle autorità antitrust.
Urso ha annunciato che entro dicembre sarà convocato un tavolo al Mimit per seguire l’evoluzione industriale dell’accordo.
Tata ha manifestato l’intenzione di espandere la propria presenza produttiva in Europa, individuando Iveco come perno della strategia. Le parti hanno concordato impegni non finanziari su siti e livelli produttivi, validi però solo per due anni dal closing: un limite temporale che rappresenta il punto più critico.
La reazione dei sindacati: “Garanzie troppo deboli”
Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Aqcfr giudicano «grave» che, nonostante le interlocuzioni avvenute tra governo e Tata, non sia ancora stato convocato un tavolo ministeriale con le organizzazioni sindacali.
Contestano inoltre il fatto di aver appreso dai media l’intenzione del governo di esercitare il Golden Power. A dirla tutta, però, non è la prima volta che l’esponente governativo tira fuori la Golden Power, già nel mese di luglio aveva ventilato questa ipotesi.
Per i sindacati, garantire i siti produttivi e l’occupazione solo per due anni è «assolutamente insufficiente».
Hanno annunciato l’invio immediato di una richiesta di convocazione al Mimit e avvertono che, in caso di mancata risposta, metteranno in campo ogni iniziativa necessaria per aprire un confronto reale sul futuro di Iveco.
I dati più preoccupanti
- Garanzie su siti e occupazione limitate a due anni, troppo poche per un’operazione industriale di questa portata.
- Ancora nessun tavolo ministeriale nonostante la dimensione strategica del dossier.
- Golden Power comunicato ai sindacati solo tramite stampa.
- Scadenze ravvicinate e passaggi complessi entro il 2026, con rischio di incertezza per lavoratori e stabilimenti italiani.


