domenica, Giugno 22, 2025

Il Reato di Stalking può Costare il Licenziamento: Cosa Cambia per i Lavoratori

Anche nel settore privato, come nel pubblico impiego, la condotta nella vita privata può avere gravi conseguenze sul posto di lavoro. Lo dimostra una recente sentenza della Corte di Cassazione, che ha confermato il licenziamento disciplinare di un poliziotto accusato di aver perseguitato l’ex compagna.

Il principio espresso dalla Suprema Corte riguarda tutti i lavoratori, compresi quelli del comparto privato e industriale, come gli operai metalmeccanici: un comportamento extra-lavorativo contrario ai principi di correttezza, rispetto e dignità può mettere a rischio il rapporto di lavoro, specie quando compromette l’immagine o la fiducia nei confronti del datore.

Vediamo nel dettaglio.

Lo stalking può portare al licenziamento in tronco

Il poliziotto in questione, secondo quanto ricostruito nei precedenti gradi di giudizio, avrebbe seguito ripetutamente l’ex fidanzata, cercando insistentemente di contattarla anche dopo la fine della relazione, con modalità definite come “opprimenti e moleste”.

Dalle testimonianze e dalle indagini interne è emerso un quadro chiaro: l’agente ha violato in più occasioni la sfera privata della donna, rendendole la vita difficile e costringendola a cambiare abitudini per timore di incrociarlo, facendola vivere in uno stato di perenne ansia, paura e preoccupazione. L’accusa di stalking ha quindi portato a una condanna del poliziotto per il reato di atti persecutori

Alla luce dei fatti, il Ministero dell’Interno aveva optato per il licenziamento in tronco del poliziotto, senza preavviso, decisione poi contestata dallo stesso agente. Tuttavia, sia il Tribunale amministrativo sia il Consiglio di Stato avevano dato ragione all’amministrazione.

Infine, anche la Corte di Cassazione – con la sentenza 4797/2025  – ha confermato la legittimità del provvedimento, sottolineando che il comportamento dell’agente era del tutto incompatibile con i doveri derivanti dal ruolo ricoperto.

La decisione della Cassazione

Le difese dell’uomo miravano a tener ben distinte la sfera lavorativa da quella della vita privata, ma a nulla sono servite. Nella sentenza, infatti, i giudici hanno sottolineato che l’agente ha messo in atto comportamenti idonei a ledere la fiducia e il prestigio dell’amministrazione.

Gli atti persecutori dell’uomo – si legge nel provvedimento – sono stati penalmente sanzionati e “costituiscono comportamenti di tale gravità e riprovevolezza da giustificare il licenziamento, in quanto incompatibili con la specifica posizione lavorativa del dipendente chiamato ad operare a presidio degli interessi dell’intera collettività“.

I giudici hanno perciò ritenuto corretto il ragionamento fatto dalla magistratura in appello e, in particolare, per la Corte la massima sanzione disciplinare è fondata “sull’intrinseca gravità delle condotte medesime e sulla loro particolare criticabilità che ne ha giustificato la rilevanza penale quale reato-sentinella a prevenzione di ben più gravi epiloghi“.

Una condotta privata che incide sul lavoro

Il principio ribadito dalla Cassazione è chiaro: anche i comportamenti nella sfera privata possono giustificare un licenziamento, se compromettono l’immagine dell’amministrazione o dimostrano una condotta non compatibile con i doveri di servizio.

E ciò non vale solo per chi svolge un ruolo di difesa della sicurezza e dell’ordine pubblico, come, appunto, i poliziotti. Anche per i lavoratori del settore metalmeccanico il comportamento nella vita privata può avere ripercussioni sul rapporto di lavoro, soprattutto quando si tratta di fatti gravi che ledono l’immagine dell’azienda o compromettono il clima aziendale.

In casi di violenza, stalking o molestie nei confronti di altri lavoratori, clienti o conoscenti, il datore di lavoro può valutare la rottura definitiva del vincolo fiduciario, giustificando un licenziamento per giusta causa. La sentenza della Cassazione, pur riguardando un agente di Polizia, ribadisce infatti un principio generale: il rispetto delle regole e della dignità altrui è parte integrante del dovere professionale, in ogni ambito lavorativo.

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