I dazi al 15% sulle esportazioni europee verso gli Stati Uniti rappresentano una minaccia concreta per la meccanica italiana. A lanciare l’allarme è Simone Bettini, presidente di Federmeccanica, che nell’intervista rilasciata a la Repubblica spiega perché la misura non è sostenibile per il tessuto industriale del nostro Paese.
Dazi al 15% non ammortizzabili e non assorbili: il crollo è sicuro
Secondo Bettini, l’impatto di una tariffa base al 15% sarebbe devastante, soprattutto se si aggiunge alla svalutazione del dollaro rispetto all’euro: «Non mi pare sopportabile. Potrebbe trasformare il temporaneo in catastrofe». Tuttavia ammette che senza un accordo da USA e UE i dazi salirebbero al 30%, scenario definito «catastrofe sicura».
Piccole e medie imprese senza margini
Bettini evidenzia che il 90% delle imprese meccaniche sono PMI con margini ridotti: un dazio del 15% abbatte i profitti, rendendo impossibile assorbire il costo.
«Per oltre il 90% – sottolinea – le aziende meccaniche sono medie o piccole e non hanno margini per assorbire il rincaro», chiarisce Bettini.
Le aziende, senza poter scaricare l’aumento sui clienti, rischiano crollo della redditività, perdita di competitività e conseguenti tagli occupazionali, come il mancato rinnovo dei contratti a termine e licenziamenti.
La concorrenza globale rende la sfida ancora più dura: «Se le scaffalature industriali arrivano dalla Cina con un vantaggio del 15%, come possiamo competere?».
Servono compensazioni e nuovi mercati
Il presidente di Federmeccanica chiede misure di compensazione: «Occorrono sistemi che aiutino a sviluppare nuovi mercati. Non basta un accordo di libero scambio: servono competenze, investimenti e relazioni».
Incognita Trump e ruolo dell’Europa
Sulle trattative con Washington, Bettini non nasconde le incertezze e timori: «Mi sembra come un lancio di dadi. La speranza è che i numeri dell’economia facciano capire che non paga».
Per l’Europa serve fermezza, ma senza scivolare nella ritorsione: «Trump riscrive le regole ogni giorno. A Bruxelles devono saper bilanciare la risposta e, se necessario, colpire i settori tecnologici americani».


