La crisi industriale del gruppo Stellantis in Italia si fa ogni anno più evidente. Negli ultimi vent’anni, la produzione di auto è crollata di oltre mezzo milione di unità, mentre nell’arco di soli quattro anni sono stati persi 9.656 lavoratori.
Un disimpegno progressivo che la Fiom-Cgil definisce senza mezzi termini come “la grande fuga dall’Italia”, documentata da un’indagine del Centro Studi della sigla sindacale.
Secondo il segretario generale Michele De Palma, i numeri certificano il fallimento di una strategia che ha premiato gli azionisti e penalizzato lavoratori e siti produttivi italiani: Dal 2021 a oggi, infatti, Stellantis ha distribuito 14 miliardi di euro di dividendi. Ma intanto, nelle fabbriche, il lavoro sparisce.
Crolla la produzione: – 520 mila veicoli in 20 anni
I dati sono impietosi: dal 2004 al 2024 l’Italia ha perso 515.944 auto e 4.854 veicoli commerciali nella produzione annuale. Nel solo 2024 si contano appena 289.154 automobili prodotte e 190.784 veicoli commerciali, numeri lontanissimi dai volumi storici.
Secondo la Fiom, questa contrazione non può essere spiegata solo con il calo della domanda. A differenza di altri produttori, Stellantis infatti continua a perdere quote di mercato, con un -3% in Italia e quasi -2% in Europa nei primi sei mesi dell’anno.
A conferma del trend, nessuna delle nuove produzioni di city car destinate all’Europa è stata assegnata all’Italia, con l’unica eccezione della Panda, che da sola copre oltre la metà dei volumi nazionali.
Quasi 10 mila lavoratori in meno dal 2020
Nel 2020 i dipendenti Stellantis in Italia erano 37.288. Nel 2024 si è scesi a 27.632, con una perdita netta di 9.656 posti di lavoro, molti dei quali incentivati all’uscita.
Oggi quasi il 62% degli addetti diretti si trova in cassa integrazione o è coinvolto in contratti di solidarietà. Un quadro che certifica l’assenza di un piano industriale credibile per il rilancio degli stabilimenti italiani.
I fondi per la ricerca e sviluppo, inoltre, sono passati da oltre 900 milioni a circa 300 milioni in dieci anni, segno evidente di un disimpegno strutturale.
Italia fanalino di coda negli investimenti Stellantis
L’analisi della Fiom mette anche a confronto l’andamento del capitale fisso investito nelle varie aree geografiche in cui opera Stellantis: dal 2021 al 2024, l’Italia ha visto una contrazione del 20%. Al contrario altri Paesi, come la Francia, hanno registrato un aumento: da 14 a 19 miliardi di euro nello stesso periodo.
Un dato che certifica il peso sempre più marginale dell’Italia nella strategia industriale del gruppo. Eppure proprio in Italia il comparto auto rappresenta una fetta rilevante dell’economia e dell’occupazione industriale.
Le richieste all’Europa
Nel frattempo, sul fronte europeo, prosegue il braccio di ferro tra l’industria dell’auto e la Commissione Ue sui target ambientali.
Il ministro Adolfo Urso ha chiesto all’Europa di garantire neutralità tecnologica e maggiore flessibilità, dichiarando al Consiglio Competitività che “il settore dell’auto sta collassando” e ogni giorno si contano nuove chiusure e licenziamenti.
Ma secondo la Fiom il problema non è solo europeo: serve un piano nazionale per il settore auto, con investimenti pubblici mirati, tutele per i lavoratori e un reale impegno delle grandi aziende, a partire proprio da Stellantis.


