Con la sentenza n. 27722 del 17 ottobre 2025, la Corte di Cassazione ha chiarito un punto cruciale in materia di trattenute sindacali: quando un lavoratore cede al proprio sindacato il credito relativo alle quote associative, il datore di lavoro è obbligato per legge a eseguire le trattenute e a versarle secondo le istruzioni del dipendente.
Il caso: azienda condannata per condotta antisindacale
La vicenda nasce dal ricorso presentato da un’organizzazione sindacale ai sensi dell’articolo 28 dello Statuto dei Lavoratori, per denunciare il comportamento di un’azienda che aveva smesso di effettuare le trattenute sindacali a favore del sindacato, nonostante avesse ricevuto la formale comunicazione di cessione del credito da parte dei lavoratori iscritti. La Corte d’Appello aveva già accolto il ricorso, ritenendo illegittimo il comportamento datoriale e riconoscendone il carattere antisindacale.
La Cassazione: la cessione del credito è uno strumento legittimo
La Suprema Corte ha confermato integralmente la decisione, sottolineando che la cessione del credito rappresenta un mezzo pienamente legittimo per consentire al sindacato di incassare le quote associative. Non esiste, infatti, nel nostro ordinamento alcuna norma che vieti il pagamento dei contributi sindacali tramite trattenuta in busta paga.
Nessun consenso del datore di lavoro necessario
I giudici di legittimità hanno inoltre ricordato che la cessione del credito è un istituto di diritto privato e, come tale, non richiede il consenso del debitore ceduto — in questo caso, il datore di lavoro. Una volta ricevuta la comunicazione di cessione, l’impresa è tenuta ad adempiere alle indicazioni del lavoratore. Rifiutarsi di farlo costituisce una violazione del diritto sindacale e una condotta antisindacale ai sensi dello Statuto dei Lavoratori. Con questa decisione, la Cassazione rafforza ulteriormente la tutela delle organizzazioni sindacali nei rapporti con le aziende.


