Da tempo in Italia si discute su come affrontare l’avanzata cinese nel settore dell’auto elettrica. Ma accanto a chi invoca barriere e dazi, si fa strada una voce diversa: quella di chi vede nell’arrivo dei colossi cinesi un’opportunità da cogliere con pragmatismo. Tra questi, c’è una parte sempre più rilevante dell’imprenditoria italiana che chiede di sedersi al tavolo con Pechino per negoziare un patto industriale. Un approccio che trova uno dei suoi interpreti più lucidi in Federico Visentin, presidente di Federmeccanica e proprietario della Mevis di Rosà, azienda specializzata in componentistica per l’automotive.
“I dazi non servono, dobbiamo governare l’avanzata cinese”
L’intervista rilasciata al Corriere del Veneto da Visentin è una fotografia nitida dello stato d’animo di una fetta dell’industria italiana: preoccupata, sì, ma tutt’altro che rassegnata.
“Non sono certo i dazi a fermarli in Europa”, afferma con chiarezza, sottolineando come “quelli introdotti dall’Ue prima di Trump non stanno avendo grande efficacia”.
Il punto è un altro: “Sulle auto elettriche non solo riescono a essere molto competitivi sui costi, ma assai attrattivi su altri fronti: la tecnologia delle loro vetture non è niente male”.
Chi è BYD, il colosso dell’elettrico cinese
Un nome su tutti sta catalizzando l’attenzione: BYD (Build Your Dreams), colosso cinese dell’elettrico che, partita come azienda produttrice di batterie, è oggi tra i principali costruttori di auto elettriche al mondo. Dopo aver conquistato il mercato asiatico e fatto irruzione in quello europeo, BYD sta ora costruendo uno stabilimento in Ungheria, con l’obiettivo di produrre 300 mila auto all’anno già dal 2025. Altri impianti sono previsti in Turchia e forse – chissà – anche in Italia.
Visentin: “Facciamo in modo che producano qui da noi”
È questo l’obiettivo a cui guarda Visentin:
“Mi piacerebbe che il terzo stabilimento fosse impiantato in Italia. Ma perché ci siano le condizioni dovrebbero cambiare un po’ di cose, a cominciare dai costi dell’energia”. Problema sollevato anche dal Presidente Stellantis, John Elkann, a proposito della costruzione di una Gigafactory a Termoli.
Il ragionamento dell’imprenditore non si limita però alla produzione:
“Se fanno le auto da noi in Europa è fondamentale che acquistino i nostri componenti”.
Un punto cruciale per la tenuta della filiera italiana della componentistica, con il Veneto in prima linea.
Contatti già avviati con l’industria italiana
Non è un’ipotesi lontana dalla realtà: BYD ha già incontrato i rappresentanti italiani del settore, presentandosi a Torino: “con dieci team, facendo un sacco di incontri”, racconta Visentin.
“Per il momento, abbiamo ricevuto solo una lettera dei loro dealer che ci propongono di comprare le loro auto elettriche”, aggiunge con un sorriso, ma “è importante che abbiano annunciato l’intenzione di assumere 50 designer a Milano”.
“Questo è lo scambio: non far aprire loro fabbriche-cacciavite ma spingerli a promuovere centri di sviluppo”, ribadisce.
Un’industria che vuole trattare, non chiudersi
L’approccio, dunque, non è quello del muro ma del dialogo strategico.
“Dobbiamo accompagnare questo cambiamento, condizionando l’espansione”, propone Visentin.
“L’obiettivo per salvaguardare il sistema europeo non deve essere di impedir loro l’avanzata ma di governarla: conquistino il 10 o il 15% del nostro mercato, a fronte di uno scambio. È il modo per evitare che si prendano il 50 o il 100 per cento”.
Un pragmatismo che guarda al futuro e che risuona con le recenti aperture anche di Luca De Meo, ad di Renault, sulla necessità di un’intesa tra Europa e Cina. E, soprattutto, con la consapevolezza che la globalizzazione industriale non si combatte a colpi di tariffe.
“I dazi non servono a fermarli. Possono essere al massimo uno strumento negoziale in via temporanea, proprio per accompagnare e condizionare questa espansione”, conclude Visentin.
Un approccio che potrebbe risultare decisivo per evitare che l’Italia resti schiacciata tra due giganti – Cina e Germania – e invece riesca a ritagliarsi un ruolo attivo in una nuova stagione della mobilità.