Un operaio è stato licenziato per giusta causa dopo essere stato condannato per frasi gravi e violente contro la Polizia, pronunciate durante eventi sportivi. La decisione arriva dalla Corte di Cassazione, che ha dato piena ragione all’azienda: quando si perdono certi valori, si perde anche il posto di lavoro.
Fuori dal lavoro, ma con conseguenze dirette in azienda
Il lavoratore in questione era un tifoso ultrà. Durante più eventi calcistici aveva offeso pesantemente le forze dell’ordine, lanciando slogan come «sbirri a morte» o peggio. Le sue frasi, violente e istigatrici, gli sono costate una condanna penale. Dopo la sentenza definitiva, l’azienda ha deciso di procedere con il licenziamento disciplinare, ritenendo compromesso il rapporto di fiducia necessario tra datore e dipendente.
Secondo la Cassazione, poco importa se i fatti non sono avvenuti sul luogo di lavoro: quando un dipendente agisce in modo contrario ai valori civili e morali, anche fuori dalla fabbrica, l’impresa ha il diritto – e il dovere – di tutelarsi.
Per la Cassazione il licenziamento è giustificato
La sentenza (n. 24100/2025) è molto chiara: non si può pretendere di rappresentare un’azienda e comportarsi da criminali nel tempo libero. La violenza verbale contro lo Stato, la Polizia o altri soggetti istituzionali non è compatibile con il lavoro dipendente, specie in contesti collettivi come quello metalmeccanico, dove il rispetto reciproco e la responsabilità sono fondamentali.
La Corte ha anche ribadito che non conta se i fatti sono vecchi di anni. L’azienda può attendere l’esito del processo penale e decidere solo dopo, anche per agire in modo ponderato e nel rispetto del lavoratore. Ma una volta arrivata la condanna, il licenziamento è più che giustificato.
Comportamenti privati che pesano sul lavoro: il caso dello stalking
Una sentenza recente ha ribadito lo stesso principio applicato in un’altra veste: un poliziotto condannato per stalking è stato licenziato con sentenza confermata dalla Cassazione perché i comportamenti persecutori avevano distrutto la fiducia necessaria per svolgere un ruolo istituzionale.
Questo caso insegna una lezione chiara anche ai lavoratori privati, come i metalmeccanici appunto: comportamenti privati gravi – come violenza, molestia o stalking – possono mettere a rischio il lavoro. Il riferimento giuridico non riguarda un ruolo pubblico ma un principio generale: il rispetto della legalità e della dignità è fondamentale in qualunque professione.
Pertanto, se si tengono atteggiamenti che mettono in discussione la propria moralità o quella dell’azienda, il rischio di perdere il posto di lavoro è concreto.


