Fim-Fiom-Uilm hanno scelto di disertare la riunione convocata al Ministero delle Imprese e del Made in Italy sull’ex Ilva convocata per ogi 29 settembre. Una decisione maturata dopo l’esito della gara per la vendita di Acciaierie d’Italia in amministrazione straordinaria, che per il sindacato ha certificato un “fallimento totale”.
Secondo la triplice, le dieci offerte ricevute dai commissari non delineano un progetto industriale credibile: solo due – quelle di Bedrock Industries e della cordata Flacks Group + Steel Business Europe – riguardano l’intero gruppo, e provengono da fondi d’investimento “senza solidità industriale né garanzie occupazionali”. Le altre otto, legate a singoli asset, rappresentano il rischio di un “pericoloso spezzatino” che smembrerebbe il polo siderurgico nazionale.
Ma la ragione del dissenso sindacale che ha portato alla decisione odierna sta nella decisione del Ministero del Lavoro di chiudere la procedura sulla CIGS dando facoltà all’aziende di proseguire unilateralmente, senza mettere sindacati e lavoratori di avere gli elementi necessari per valutare e proseguire nel confronto.
“Senza un piano serio, il confronto è solo una passerella”
Sullo sfondo della decisione c’è la forte critica mossa dal sindacato verso l’assenza di un piano governativo per il rilancio dell’intera acciaieria. Il segretario generale Rocco Palombella ha motivato la decisione con parole dure: “Non parteciperemo a un tavolo che non offre risposte concrete su occupazione, investimenti e decarbonizzazione. Servono scelte coraggiose, non passerelle istituzionali”.
Il rischio forte in questa fase è che si vada verso una parcellizzazione dei vari asset del gruppo con forti ricadute occupazionali.
Il sindacato accusa il Ministro Urso e i commissari straordinari di aver portato avanti una gestione confusa, senza un piano di rilancio e con un uso massiccio della cassa integrazione. Nei siti produttivi – denuncia Palombella – “l’unico altoforno in marcia si è fermato di nuovo per un guasto tecnico”, mentre la produzione resta ai minimi storici e le perdite aumentano.
Fim, Fiom e Uilm restano quindi in attesa di una convocazione da parte di Palazzo Chigi, che chiarisca la linea del Governo e dei commissari sul futuro del gruppo ex Ilva. Per il sindacato è fondamentale un confronto che consenta una valutazione d’insieme che tenga dentro futuro della produzione e dell’occupazione. E non discutere di cassa integrazione senza un percorso serio sul futuro aziendale.
La richiesta: “Nazionalizzare per salvare l’ex Ilva”
Per Fiom e Uilm, l’unica via d’uscita è la nazionalizzazione del gruppo: un intervento pubblico che garantisca continuità produttiva, sicurezza ambientale e tutela dei 20 mila lavoratori. “Senza un impegno chiaro del Governo – conclude Palombella – non ha senso partecipare a incontri che non cambiano nulla. Ora servono atti concreti, non annunci”.


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