L’Unione Europea sta valutando di spostare dal 2035 al 2040 il divieto di vendita dei motori termici. È una svolta che, se confermata, cambierebbe i tempi della transizione verso l’elettrico e il destino di migliaia di lavoratori metalmeccanici impiegati nella filiera dell’Automotive.
Secondo il quotidiano MF-Milano Finanza in edicola il 12 dicembre 2025, la Commissione Europea analizzerà la proposta già il 10 dicembre, insieme a un pacchetto di misure “tampone” per sostenere l’industria. L’ipotesi di rinvio nasce da tre fattori precisi: mercato debole, pressione dei costruttori e nuovi equilibri politici tra i Paesi membri.
Perché l’Europa ripensa lo stop ai motori termici
Negli ultimi mesi il mercato delle auto elettriche ha rallentato. Le vendite restano sotto le attese, i prezzi sono ancora troppo alti e le infrastrutture di ricarica procedono a rilento. Perfino in Germania, fino a ieri tra i Paesi più convinti del bando al 2035, cresce la consapevolezza che la scadenza non sia più sostenibile.
In Italia il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha spinto con forza per un rinvio, chiedendo di valorizzare le auto ibride di nuova generazione e i carburanti alternativi, come e-fuel e biofuel certificati. È una posizione oggi condivisa anche da Francia e Spagna, segno che l’idea di una transizione più graduale sta prendendo piede.
Il ruolo dell’industria e di ACEA
La principale associazione dei costruttori europei, ACEA (European Automobile Manufacturers’ Association), che riunisce gruppi come Stellantis, Renault, Mercedes, Volkswagen, BMW e altri marchi, ha chiesto ufficialmente alla Commissione di rivedere i tempi.
ACEA sostiene che l’obiettivo 2035, nelle condizioni attuali, rischia di essere irrealizzabile. Il motivo è semplice: la produzione di auto elettriche non cresce abbastanza e l’indotto non è pronto. Stellantis, per voce dell’amministratore delegato Antonio Filosa e del presidente John Elkann, ha chiesto “un ribilanciamento delle regole”, più incentivi alla domanda e regole più stabili.
Tra le proposte allo studio anche la neutralità tecnologica, cioè la possibilità per le case di scegliere tra motori elettrici, ibridi o alimentati da carburanti sintetici, senza imposizioni uniche. Inoltre, Bruxelles valuta di trattare separatamente i veicoli commerciali leggeri, centrali per la produzione di molti stabilimenti italiani.
Cosa cambia per la filiera metalmeccanica
Se il bando venisse rinviato al 2040, le aziende metalmeccaniche avrebbero più tempo per riconvertire gli impianti e programmare investimenti realistici. I fornitori di componentistica tradizionale (motori, cambi, lavorazioni meccaniche) non verrebbero tagliati fuori all’improvviso, ma potrebbero gradualmente affiancare la produzione di componenti per l’elettrico.
Per gli stabilimenti italiani di Stellantis – da Mirafiori a Melfi, da Termoli a Pomigliano – questo significherebbe ritmi produttivi più stabili, meno fermi e una maggiore varietà di modelli tra termico, ibrido ed elettrico. La filiera avrebbe ossigeno per pianificare nuove piattaforme e gestire la transizione senza tagli occupazionali drastici.
Termoli spera
Per lo stabilimento di Termoli il rinvio dello stop ai motori termici al 2040 rappresenterebbe un’importante boccata d’ossigeno. Consentirebbe di completare senza pressioni la riconversione verso la Gigafactory Stellantis, mantenendo nel frattempo la produzione legata ai motori tradizionali. Questo garantirebbe più stabilità occupazionale, meno ore di cassa integrazione nel prossimo futuro, tempi più lunghi per la formazione del personale e una transizione industriale meno traumatica.
Effetti sui lavoratori metalmeccanici
Il rinvio del 2035 non bloccherebbe la transizione, ma la renderebbe più gestibile. I metalmeccanici dovranno comunque aggiornare le proprie competenze: servono tecnici specializzati in elettronica di potenza, software di bordo e qualità delle batterie. Tuttavia, le competenze su meccanica tradizionale, motori e cambi resteranno centrali ancora per anni.
Questo scenario apre spazi alla contrattazione sindacale: i delegati RSU potranno chiedere piani di formazione pagati, clausole occupazionali nei nuovi investimenti e premi legati a un mix produttivo equilibrato. In sintesi, con il rinvio al 2040, la transizione diventa una maratona e non uno sprint, e per i lavoratori metalmeccanici significa più tempo, più stabilità e più prospettive concrete per restare protagonisti nell’industria dell’auto.


