I salari reali in Italia sono più bassi di 8,7 punti percentuali rispetto a 16 anni fa. Nel 2024 si è registrata una crescita del 2,3%, ma questo aumento non è stato sufficiente a compensare le perdite del 2022 (-3,3%) e del 2023 (-3,2%) dovute all’inflazione.
Secondo il rapporto mondiale dell’Ilo – Organizzazione internazionale del lavoro , l’Italia è il Paese con la peggiore performance salariale del G20, senza essersi mai realmente ripresa dalla crisi finanziaria del 2008.
Italia in ritardo rispetto ad altri Paesi
Con una perdita dell’8,7% nei salari reali dal 2008, l’Italia registra un calo superiore a economie comparabili:
• Giappone: -6,3%
• Spagna: -4,5%
• Regno Unito: -2,5%
• Repubblica di Corea: +20%
Questi dati evidenziano un ritardo significativo dell’Italia nella crescita salariale rispetto ad altri Paesi avanzati.
Lavoratori a basso reddito e disuguaglianze
Le categorie più colpite dalla perdita del potere d’acquisto sono i lavoratori a basso reddito. L’aumento dell’inflazione ha pesato di più su chi spende la maggior parte del proprio stipendio in beni di prima necessità (alimentari e alloggio), i cui prezzi sono aumentati più dell’indice generale.
Le disuguaglianze colpiscono anche donne e lavoratori migranti:
• Donne: guadagnano meno e lavorano meno ore rispetto agli uomini. Pur essendo il 43,2% dei lavoratori dipendenti, rappresentano il 51,9% di quelli con salari bassi.
• Migranti: ricevono un salario orario inferiore del 26,3% rispetto ai lavoratori italiani, con un divario di genere ancora più marcato tra le donne straniere.
Produttività in crescita, Salari no
Dal 2022, la produttività in Italia è cresciuta più dei salari, ma a un ritmo inferiore rispetto alla media delle economie avanzate. Questo divario è dovuto al fatto che i contratti integrativi sono poco diffusi e alla resistenza delle associazioni datoriali nel redistribuire la produttività attraverso i contratti collettivi nazionali.
La posizione della CGIL
Il segretario generale della CGIL, Maurizio Landini, sottolinea che il rapporto dell’Ilo conferma le criticità già denunciate dal sindacato:
“Dal 2008 al 2024 l’Italia ha perso l’8,7% dei salari reali, più di altri Paesi comparabili. Anche se nel 2024 c’è stata un’inversione di tendenza, questa non basta a compensare la fiammata inflattiva del 2022 e 2023.”
“Il governo abbassa i salari pubblici”
Secondo la CGIL, il governo punta a rinnovare i contratti pubblici stanziando solo un terzo dell’inflazione registrata nel periodo, senza prendere in considerazione interventi come la detassazione degli aumenti salariali o il salario minimo.
“Non abbiamo firmato quei contratti e chiediamo un confronto reale. Inoltre, il governo non contrasta il dumping salariale con una legge sulla rappresentanza e non sostiene la contrattazione collettiva.”
“Le imprese devono garantire aumenti salariali”
Landini richiama anche le imprese a rispettare i tempi dei rinnovi contrattuali e a prevedere aumenti superiori all’inflazione:
“I salari devono recuperare le perdite pregresse e redistribuire la produttività. Ci batteremo per garantire giusti salari e tutele, a partire dallo sciopero nazionale dei metalmeccanici del 28 marzo.”
Chiaro il riferimento del Leader Cgil al mancato rinnovo del CCNL Metalmeccanica Industria, scaduto il 30 giugno 2024, sul quale pesa l’aspra vertenza tra Federmeccanica-Assistal e Fim-Fiom-Uilm.