Dal 7 agosto 2025, l’entrata in vigore dei dazi americani al 15% su molti prodotti europei colpisce duramente l’economia del Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana.
La regione, forte di filiere trainanti come automotive, metalmeccanica e macchinari industriali, aveva già iniziato a scontare lo shock nei mesi scorsi. Già prima della misura, ordini e produzione erano in calo e il clima di fiducia tra le imprese era compromesso.
Effetti su occupazione e investimenti in Piemonte
Secondo l’indagine congiunturale di Confartigianato Piemonte, la produzione prevista nel terzo trimestre 2025 segna -13,06%, mentre il 78,5% delle aziende fa sapere che non investirà a breve.
Le imprese senza dipendenti sono passate dal 9,22% al 18,56% e i contratti di apprendistato sono crollati del 20,96%. Un chiaro segnale che la formazione del personale, con i suoi costi, non è più considerata un investimento per far crescere l’azienda. Si punta invece a sfruttare esclusivamente le competenze già presenti in organico, rinunciando a inserire e formare nuove risorse.
Il settore metalmeccanico, già indebolito da contrazione di ordini esteri e fermate produttive, rischia ora un’ulteriore riduzione di volumi e margini a causa dei costi doganali aggiuntivi.
L’impatto nelle altre regioni
La “tassa” USA non colpisce solo il Piemonte. Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana sono tra le più esposte: nel 2024 il loro export verso gli Stati Uniti ha superato complessivamente i 20 miliardi di euro, con una quota rilevante di prodotti metalmeccanici, moda e arredamento.
L’Emilia-Romagna detiene il 67% dell’export nazionale automotive verso gli USA, seguita dal Piemonte con il 12%. In Lombardia e Veneto, i distretti della meccanica di precisione e della lavorazione metalli rischiano di subire contraccolpi su occupazione e ordini già nel breve periodo.
Cosa chiedono le imprese
Le associazioni di categoria chiedono interventi urgenti a livello UE per sostenere la competitività internazionale e compensare i maggiori costi di esportazione.
Tra le strategie proposte: diversificare i mercati verso Asia e Medio Oriente e investire in innovazione per difendere il Made in Italy nelle filiere a più alto valore aggiunto.


