Silvano Simone Bettini è il nuovo presidente di Federmeccanica. È stato eletto a luglio, succedendo ad Federico Visentin dopo tre anni di mandato. Una staffetta che viene letta come un segnale di continuità: Bettini era già vicepresidente e sedeva nel board, ma ora deve guidare l’associazione nel momento più delicato degli ultimi anni.
Classe 1963, imprenditore toscano, guida il gruppo Rosss attivo nelle scaffalature industriali. Ha avuto un ruolo importante anche in Metasalute, il fondo sanitario integrativo dei metalmeccanici. Nella sua prima uscita pubblica ha promesso un approccio fondato su dialogo e responsabilità, dichiarando che “i contratti si firmano in cinque”, includendo dunque Federmeccanica, Assistal e i tre sindacati Fim, Fiom e Uilm.
I dazi USA: un colpo all’export metalmeccanico
Dal 1° agosto il settore deve fare i conti con i dazi americani fino al 30% su macchinari, componenti e impianti. Secondo Il Sole 24 Ore, l’impatto potenziale sull’export italiano può arrivare a 2,7 miliardi di euro in meno. Per la filiera metalmeccanica, già alle prese con bassi volumi interni e mancanza di investimenti, è un colpo durissimo.
La contropiattaforma datoriale contestata dai sindacati
Sul fronte interno, la vera sfida è il rinnovo del contratto nazionale, fermo da novembre 2024. In quell’occasione Federmeccanica e Assistal hanno presentato una proposta che i sindacati hanno definito “contropiattaforma datoriale”, giudicandola inaccettabile.
Fim, Fiom e Uilm hanno risposto con 40 ore di sciopero e chiedono da mesi che quella bozza venga ritirata, per poter tornare a discutere sui contenuti avanzati dalla piattaforma sindacale: aumenti retributivi consistenti e riduzione dell’orario a 35 ore settimanali.
Sono già stati fissati tre incontri chiave per rilanciare la trattativa: 11, 18 e 25 settembre 2025, date che segnano il percorso decisivo verso un possibile accordo.
Un autunno “bollente” per il rinnovo
Bettini, considerato “l’uomo della continuità” – era vicepresidente di Federmeccanica fino al “cambio” – , si trova di fronte a un bivio. Dovrà dimostrare di saper gestire contemporaneamente la pressione esterna dei dazi e quella interna della trattativa. Solo una marcia indietro sulla linea rigida di novembre 2024 può riaprire il dialogo e portare a un accordo a partire dalla ripresa di settembre. In caso contrario, lo scontro rischia di prolungarsi, accentuando le tensioni in un settore già fragile.