In Veneto i licenziamenti sono in calo rispetto al passato. Dopo il picco del 2012, quando si registrarono quasi 60mila recessi, il flusso si è ridotto fino a stabilizzarsi negli ultimi anni intorno alle 35mila unità. Nel 2024 i licenziamenti da tempo indeterminato sono stati circa 28mila, pari al 15% delle cessazioni complessive. La maggior parte riguarda procedure individuali legate a difficoltà o necessità aziendali, mentre i licenziamenti collettivi hanno inciso solo per il 5% del totale.
Le dimissioni volontarie
Se i licenziamenti calano, aumentano invece le dimissioni volontarie. Sempre più lavoratori scelgono di lasciare il posto per cercare nuove opportunità. Si tratta di un segnale di vitalità del mercato del lavoro, ma anche di instabilità per chi non ha garanzie sul futuro. Tra le cessazioni rientrano anche i cambi di appalto, che costringono molti operai a rimettersi in gioco senza certezze.
Ricollocazione difficile per gli operai
Il vero nodo resta la ricollocazione. Solo 1 lavoratore su 10 riesce a trovare un nuovo impiego entro il primo mese. Dopo sei mesi la percentuale sale al 45%, e dopo un anno al 50%. Ciò significa che metà dei licenziati resta senza lavoro per almeno dodici mesi. Nei settori industriali la situazione è ancora più complicata, con meno possibilità di rientro rispetto ai servizi.
Le mosse della Regione Veneto
L’assessore regionale al Lavoro, Valeria Mantovan, ha annunciato nuove misure per rafforzare i servizi per l’impiego e i percorsi di riqualificazione professionale. La Regione punta a evitare che migliaia di persone restino ai margini del mercato del lavoro. Per gli operai metalmeccanici, spesso colpiti da crisi aziendali e delocalizzazioni, restano fondamentali politiche attive e formazione mirata per aumentare le chance di reimpiego.


