Si è concluso con un comunicato stringato l’incontro del 30 e 31 ottobre tra Federmeccanica, Assistal e i sindacati Fim, Fiom e Uilm per il rinnovo del Contratto nazionale metalmeccanici e dell’installazione di impianti.
Nel testo diffuso al termine dei lavori, le associazioni datoriali in un comunicato diramato alla stampa hanno scritto:
«Nella due giorni di negoziato sono stati affrontati i temi ancora non trattati e sono stati ripresi quelli discussi il 22 e il 23 ottobre. Da un lato sono state registrate le rispettive posizioni, dall’altro lato sono stati fatti avanzamenti. Rimane la volontà di trovare un equilibrio sui singoli temi e complessivamente».
Parole misurate, che però rivelano più di quanto dicano: gli industriali non hanno ancora trovato le risorse per riconoscere i 280 euro di aumento salariale richiesti dalle sigle sindacali.
Ottobre finisce senza accordo
Con la fine di ottobre, sfuma un’altra occasione per chiudere una trattativa che dura ormai da troppi mesi. L’appuntamento è rinviato al 13 e 14 novembre, ma cresce la sensazione che si stia tirando in lungo col rischio di far salire la tensione e scaldare gli animi.
I sindacati avevano auspicato una svolta già entro questo mese, anche alla luce delle difficoltà crescenti nei siti produttivi e del malumore diffuso tra i lavoratori. Ma è ancora rinvio, nonostante un contesto per certi versi favorevole.
Nessuna risposta all’assist del Governo
Ad accendere gli interrogativi tra i lavoratori è anche la non volontà, da parte dei Federmeccanica e Assistal, di cogliere – per il momento – l’assist del Governo, che ha già messo sul tavolo la detassazione al 5% sugli aumenti contrattuali. Su ogni euro che metteranno sul piatto le aziende solo 5 centesimi andrà allo Stato a titolo di Irpef. Un bel colpo, che al momento appare sottovalutato dalle parti sedute al tavolo.
Una misura pensata per favorire la chiusura dei rinnovi, alleggerendo l’impatto sui costi aziendali. Eppure, la scelta di non muoversi lascia intendere che si voglia guadagnare altro tempo, forse in attesa che anche i gruppi più prudenti all’interno del sistema industriale accettino l’idea di un riconoscimento salariale pieno, in linea con lo spirito del Patto della Fabbrica firmato da Confindustria con i sindacati.
Un contesto di crisi che pesa sulle scelte
La crisi della filiera automotive, la riduzione della produzione negli stabilimenti italiani, l’incertezza sui dazi e sulle politiche green europee: tutto contribuisce a frenare.
Ma proprio per questo, osservano i sindacati, non si può continuare a rimandare.
Senza un rinnovo e senza un segnale concreto sugli aumenti, il rischio è che la lunga attesa finisca per indebolire ulteriormente il settore metalmeccanico, simbolo dell’industria italiana.


